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Lo faccio più tardi..

A chi non è mai capitato rimandare impegni più o meno noiosi, difficili, aspettando fino a che non si può più farne a meno? Pur motivati dalle migliori intenzioni, ci si ritrova solitamente a ricadere nella trappola di rimandare ad un altro momento quello che avremmo potuto fare adesso. “Sto solo un po’ su Facebook, guardo solo un’altra serie” e poi ci si accorge che sono trascorse due ore… Qual è l’identikit del procrastinatore? I procrastinatori non sono tutti uguali. E se per qualcuno rimandare non comporta grossi problemi, per buona parte delle persone, questo comportamento si accompagna a tensione, preoccupazione e sensi di colpa. Anche se poi c’è la consapevolezza che, in qualche modo, i compiti alla fine vengono portati a termine. Perché alcune persone hanno la tendenza a rimandare? Le motivazioni possono essere diverse; per:

  • Evitare di fare qualcosa di spiacevole o noioso
  • Evitare l'ansia per compiti impegnativi
  • Ribellarsi a dei “doveri”, a delle imposizioni
  • Sfiducia nelle proprie capacità, per paura di sbagliare
  • Incapacità ad organizzarsi, ad individuare le giuste priorità
  • Tendenza a sovraccaricarsi con un numero eccessivo di incombenze

Procrastinare ci permette di rimanere nella nostra zona di comfort, quell’area mentale di benessere prevedibile e rassicurante nella quale ci muoviamo perfettamente a nostro agio. Questo benessere, tuttavia, è illusorio, poiché emergono molto presto un senso di insoddisfazione e di incapacità, se non addirittura disprezzo nei propri confronti. E’ possibile liberarsi dalla procrastinazione? La cosa più ragionevole da pensare è quella di modificare tale comportamento, così da non subirlo più passivamente. Per prima cosa occorre esserne consapevoli, è necessario, cioè, riconoscere l’impulso che ci porta a rimandare. Dopodichè è bene passare all’azione anche se non si è psicologicamente predisposti a farlo. Non esiste mai il momento giusto per fare qualcosa di noioso o spiacevole. Naturalmente è importante cercare una motivazione valida che ci possa aiutare ad affrontare il compito. A questo punto occorre individuare la causa della procrastinazione, ovvero quegli schemi (credenze, sentimenti su noi stessi e sugli altri) che ci siamo formati nell’infanzia e nell’adolescenza soprattutto nel rapporto con i nostri genitori, che ci inducono a comportarci in un determinato modo. Spesso le persone che tendono a procrastinare sono molto autocritiche e provano sensi di colpa. Questi atteggiamenti non aiutano, ma al contrario peggiorano il problema poiché incidono negativamente sull’umore che abbassa ulteriormente l’autostima. Del resto l’atteggiamento opposto (“sono fatto così”) è ugualmente scorretto. Per cambiare atteggiamento è più utile chiedersi: “criticarmi o sentirmi in colpa mi aiuta ad avere la giusta motivazione? Mi dà una spinta ad agire?”. Evitare di dare troppo ascolto a quella voce interna esigente che ci ricorda continuamente i nostri doveri. La doverizzazione, infatti, rende sgradevoli anche impegni piacevoli e spinge a sottrarsi a tali attività. La frase “deve essere tutto perfetto” si potrebbe sostituire con “farò del mio meglio”. Se la procrastinazione è causata dalla paura è bene ricordarsi che tale emozione può generare circoli viziosi che peggiorano la situazione. Se infatti penso di non essere in grado di affrontare un compito, proverò ansia, tensione, sintomi somatici e cercherò di evitarlo o rimandarlo. Ciò, però, non farà che rafforzare il mio senso di incapacità. Si può trasformare questo ciclo disfunzionale in un circolo virtuoso: se decido di impegnarmi facendo del mio meglio, ciò aumenterà la fiducia in me e mi spingerà a proseguire in tale direzione. Se l’atteggiamento è pessimistico, si tenderà a catastrofizzare, ad immaginare scenari drammatici. E’ bene considerare che si tratta di convinzioni disfunzionali, molto probabilmente nate nel passato ma che oggi non sono più valide e che bisogna cercare di mettere in discussione. Ad esempio si può considerare la probabilità che accada realmente ciò che si teme, oppure cercare di adottare una prospettiva diversa, come quella che mostreremmo al migliore amico. Le persone più ottimiste, invece, rimandiamo convincendosi di lavorare meglio sotto pressione o pensando di avere tempo sufficiente a disposizione o che comunque alla fine riusciranno sempre a cavarsela. Se siamo soliti ricorrere a questo tipo di giustificazioni, dovremmo cercare di essere onesti con noi stessi, considerandole solo illusioni o autoinganni. Altre volte le difficoltà dipendono da una cattiva organizzazione. In questi casi è fondamentale evitare le distrazioni (TV, telefono) e individuare le priorità, magari facendo una lista breve (non più di cinque punti) degli impegni da affrontare. Si può privilegiare in primo luogo quelli ritenuti più semplici da portare a termine oppure quelli considerati più importanti. Nel primo caso si sarà incoraggiati dal successo, nel secondo si potrà ridurre il senso di colpa nel caso non si riuscisse a portare a termine la lista. In ogni caso, è opportuno essere flessibili, ricordandosi che fare qualcosa è sempre meglio che non fare niente e che iniziare è già un atteggiamento contrario alla procrastinazione. Un aiuto maggiore può derivare dal visualizzare il risultato e la soddisfazione conseguente e dal ricordarsi delle volte precedenti in cui si è riusciti a superare una difficoltà analoga. Talvolta procrastinare è per alcune persone l’unico modo per rilassarsi un po’. Ovviamente quest’esigenza va soddisfatta, basta solo trovare un equilibrio tra il dovere ed il piacere, dedicandoci ad attività gratificanti senza tuttavia esagerare. Un’ultima considerazione va fatta per le situazioni in cui la causa della procrastinazione è l’apatia che può portare la persona a non interessarsi affatto dei propri impegni. Occorre fare attenzione per capire se l’apatia non sia un sintomo di qualcosa di più grave come la depressione. Questo è piuttosto probabile se si aggiunge anche umore depresso, senso di affaticamento, disturbi del sonno, dell’alimentazione, sentimenti di inutilità. Queste semplici strategie non elimineranno totalmente la tendenza a procrastinare, ma miglioreranno molto la qualità della vita, sempre che il cambiamento nasca da una valida motivazione, sia portato avanti in modo graduale, per piccoli obiettivi. La consapevolezza di un problema non lo risolve automaticamente, ma è un buon punto di partenza.

Quando chiedere aiuto

Nel delicato percorso della vita, può capitare a chiunque di incontrare degli ostacoli che ne rendono difficile il cammino. Per risolvere tali difficoltà si può provare a far ricorso alle proprie risorse interiori, ma in alcune fasi della vita può accadere che le strategie usate in precedenza possano rivelarsi inadeguate perché possono essere cambiate le circostanze, i valori, le convinzioni, o perché richiedono un costo eccessivamente elevato o semplicemente perché non ci soddisfano più. A volte può accadere di imbatterci in situazioni che tendono a farci perdere di vista le cose per noi realmente importanti, trascinandoci fuori da noi stessi, catturandoci in un vortice di pensieri, emozioni e situazioni che possono farci cadere facilmente in uno stato cronico di tensione e di ansia. Talvolta riusciamo ad affrontare questi momenti di crisi grazie all’aiuto di familiari, amici, sacerdoti, medici di famiglia, personal trainer, maestri di yoga… ma non sempre il supporto da essi fornito può essere sufficiente, perché magari il problema dura da troppo tempo, oppure è di difficile comprensione per la gente comune. Alcuni disagi psicologici, infatti, non possono essere risolti trovando semplicemente un po’ di comprensione e di conforto negli altri. Rivolgersi ad uno psicoterapeuta è senza dubbio una decisione difficile da prendere e allora può capitare di rimandare la decisione per mesi, anni, nell’errata convinzione di poter riuscire da soli a superare l’empasse, finendo per sottovalutare e perfino accrescere la sofferenza psicologica. A volte si hanno resistenze a richiedere questo tipo di aiuto per il timore di essere giudicati “matti”. Ma chi si rivolge ad uno psicologo dimostra in realtà grande coraggio e maturità.

In che modo posso aiutarti

Molti disturbi sono più diffusi di quanto si pensi.
Lo psicologo dispone di conoscenze e competenze per andare incontro alle persone che soffrono per ansie eccessive, delusioni, stress, perdite, momenti critici della vita (conflitto o separazione coniugale, difficoltà nel rapporto con i figli, ecc.), problematiche legate a cattivo rapporto con il corpo, il cibo, solo per fare alcuni esempi.

Ci si può rivolgere ad uno psicologo per affrontare difficoltà relazionali, lavorative, familiari, sessuali, esistenziali.

Il trattamento non richiede necessariamente tempi lunghi: molto dipende dall’entità del disturbo, dalla sua durata, dalle circostanze che rinforzano il problema, dagli obiettivi che si intende raggiungere. Dopo un colloquio preliminare, valuteremo insieme il modo opportuno di procedere: se sarà sufficiente un percorso di sostegno psicologico o una psicoterapia (che può portare a miglioramenti concreti anche solo dopo alcuni mesi). Non sempre, dunque, chi chiede un aiuto di tipo psicologico soffre di un disturbo psicologico di lieve, media o grave entità. Può anche essere motivato dal desiderio di migliorare il proprio stile di vita, le relazioni interpersonali e quindi dalla volontà di elevare la qualità della propria esistenza.